FATHERSNAKE ON THE ROAD

Blog di corsa, ma non solo, di un runner per metà rocker e per metà podista.

mercoledì 26 gennaio 2011

Father alla Mezza delle Due Perle.


Il 6 febbraio parteciperò alla mia prima mezza: quella delle due Perle. Piomba sul calendario come una gustosa novità, e senza una preparazione finalizzata (lo scrivo anche per sollevare la trainer da ogni responsabilità su quello che potrà succedere).
 Dopo il primo trail e il primo cross, ora la prima maratonina. Tutto di seguito. E' un anno di novità.
 Sentivo che era il momento di provare. Così quando leggerò i racconti degli altri blogger sulle loro maratonine, potrò sempre intervenire con: "Sì... la tua mezza è andata così; quella che invece ho fatto io, INTERNAZIONALE, non so se mi spiego, a Portofino... “.
 Insomma, è un argomento di discussione non male.
Obiettivo realistico: partire e cercare di resistere il più possibile.
Obiettivo di fantasia: dopo un testa a testa con Ruggero Pertile durato tutta la gara, discutere con lo stesso su chi deve vincere.
 Io: -Va tu-
 Pertile: - no vai pure tu, sembri più fresco ed è anche la tua prima mezza; io mi accontento del secondo posto.-
 Io: -Sì, però sbrighiamoci a decidere che i keniani stanno riavvicinandosi.-


 Perché proprio quella? Perché ne parlano tutti come di una gara molto spettacolare, per via del fascino del luogo e degli incomparabili panorami. Tanto per dirne due, la baia di Paraggi, e la spiaggia di Portofino con il suo Porticciolo. Insomma: le gambe forse no, ma gli occhi potranno apprezzare.
 Si accettano volentieri consigli da parte di chi c'è già stato.
 Un saluto a tutti.

venerdì 21 gennaio 2011

IL POSTINO DEL CROSS E LA TENTAZIONE MEZZA

foto (rielaborata) da sito www.podoandando.it


Della mia prima esperienza a un cross hanno già mostrato le immagini. Ciò che voglio aggiungere non basterebbe quindi a un intero post, ma a un postino sì. 
Alla partenza della gara, STOPPRE mi aveva messo in guardia dai pericoli di una partenza troppo lanciata; non ce n'era bisogno, in fondo, perché non avevo nessuna intenzione di lanciarmi. In pratica ho tenuto i remi in barca durante tutta la gara. La barca non è affondata, ma solo perché non ha mai veleggiato. Arrivato stanco ma non sfinito, è stata una di quelle gare in cui, pur non essendo andata male, ti accorgi che a gran parte di tutti gli altri è andata meglio.  Da qui si spiega il 111esimo posto su167 partecipanti. Il cross m'è sembrato una specie di puzzle di tante gare corse finora: una parte ricordava un trail, altre normali gare su sterrato. Ciò che ha complicato le cose è lo stretto e tortuoso e nervoso tracciato che ha frustrato ogni tentazione di velocità. Un cross è dunque fatto per muscoli allenati, forti, o che ambiscono a una base di forza da sviluppare poi nelle future gare su strada.
...
Il 6 febbraio ci sarebbe la possibilità di una rivincita su me stesso al cross di Ciriè. D’altra parte una strisciante tentazione si sta facendo strada. Il 6 febbraio è infatti anche il giorno della Mezza delle due Perle.
La mezza è la distanza cui da qualche tempo guardo con timore e con curiosità insieme; c'è la voglia di misurarmi su una distanza importante giusto per scoprire che succede. Finora, il chilometraggio maggiore coperto in gara sono stati 16 chilometri, diciotto in allenamento. In nessuno di questi due casi sono dovuto poi ricorrere a un servizio di rianimazione o terapia intensiva, quindi sono abbastanza fiducioso di riuscire a reggere, con la speranza che all'arrivo le ginocchia non si pieghino all'indietro, anziché in avanti. 
La decisione è imminente. Sto solo aspettando il parere della morosa (per l'aspetto logistico) e della trainer (per l'aspetto sportivo) in questo rigoroso ordine cronologico.
 ...
Ieri ho affrontato il terribile
14+14 x 400 (veloce a 4.10, lento a 5.00)
Ovvero, un allenamento che odio su una distanza che odio (avversione che  suppongo ricambiata). L'unico allenamento per il quale sarei disposto a pagare perché lo eseguano al posto mio. Ebbene, nonostante l'aver dovuto sconfiggere pure una prodigiosa forza d'inerzia che mi faceva perdere tempo in quisquilie per ritardare l'uscita:
 "ehi..chissà se nel Burundi in questo momento sta piovendo? Diamo un’occhiata su internet"
 una volta in strada l'abitudine e la voglia hanno preso il sopravvento. Ne è uscito un impegno soddisfacente, che in gran parte ha soddisfatto i tempi stabiliti. E' un’altra prova che il come ci sentiamo in un determinato momento, non sempre ha una stretta relazione con il quanto valiamo in quello stesso frangente temporale.
E...non vorrei dirlo troppo forte ma sento di essere più veloce di un anno fa.

Un saluto a tutti!



domenica 9 gennaio 2011

DI SALITE E DI FANGO (MINI TRAIL di VALDUGGIA)

Un trail è roba da duri, questo lo sapevo già. Me ne mancava però l’esperienza, così oggi ho voluto partecipare al MINI TRAIL di VALDUGGIA, organizzato dall’ASD circuito running.
La parola “Mini” rendeva la seconda “trail” meno impegnativa: una buona occasione per un test relativamente “indolore” di una specialità mai affrontata prima. Relativamente, appunto, perché si trattava sempre di quattordici chilometri.
Eccomi in auto che è ancora buio. E’ una giornata grigia, e l’aria è impregnata umidità, per cui è come se piovesse di una pioggia finissima, impalpabile. Valduggia (paese che non conoscevo) è circondata da colline boscose velate da nuvole basse. A dispetto del tempo gramo, vedo facce sorridenti. Atmosfera rilassata, gioviale. All’iscrizione c’è la coda, ma si smaltisce velocemente. Durante un breve tratto di riscaldamento sono lieto di reincontrare Stefano e Mika.
Qualeche esercizio di stretching, e nel frattempo capto commenti frammentari e poco confortanti sulla durezza del tracciato: “Salita di nove chilometri…”; “ discesa ripidissima…occhio al terreno”.
Mika è al solito vogliosa di affrontare una nuova avventura e abbaia festosa. Io non abbaio, mi limito a sorridere. Si parte e la strada s’impenna quasi subito, con un primo tratto che obbliga alla fila indiana. L’immagine che si affaccia ai miei occhi sembra tratta da un dipinto di Brugel il Vecchio: centoottantasei dannati  percorrono tra la palta la stretta salita di un inferno dantesco. Il sorriso mi si congela sul viso. Per fortuna il pendio finisce in breve e una corta discesa di affidabile asfalto accoglie i piedi già adornati di mota. Si entra in un bosco, e poi ricordo sopratutto  una SALITA INTERMINABILE. C’erano da superare 600 metri di dislivello. Ne ero conscio dall’inizio, ma quello che sembra un dettaglio trascurabile, quando leggi distrattamente le informazioni sul percorso, diventa una crudele realtà quando devi conquistarne ogni singolo metro.
“Questo paese non ha discese?” fa un runner accanto a come avesse captato il mio stesso pensiero in quel preciso momento. Scorgo lì davanti Stefano e Mika. Li raggiungo approfittando di una loro breve sosta al ristoro. Ingrano la quarta e mi butto nella prima discesa che mi trovo davanti, recuperando molte posizioni. C’è poco da fare…ci sono nuove salite che incombono dietro ogni curva, nascoste dietro ogni dosso. Sono ripreso da quasi tutti quelli che ho superato. Il mio fisico non si arrende al terreno, sebbene il mio trottare non possa certo competere con chi mangia pane e salite.
Mi trovo, ad occhio e croce, a metà gruppo dei partecipanti.
La salita terminerà al decimo chilometro. O forse undicesimo. Mi butto giù per quanto posso, ma il pendio è talmente ripido da farmi desistere da discese imprudenti. Lungo uno stretto tratto (e fortunatamente corto) mi ritrovo a percorrere un costone con dei pendii a strapiombo a destra e sinistra. Cos’è, un videogioco? Mi aspetto quasi una liana che mi penzoli davanti, cui aggrapparmi per superare un qualche abisso che si spalanchi sotto i piedi.
Ahi, la schiena. Salti e derapate non le giovano certo: la sento contratta, affaticata; non dolorante, per fortuna.
La discesa è costellata di rampe artificiali in legno che mi fanno supporre sia frequentata per prove di downhill. In certi tratti non scendo, frano giù direttamente a zig zag per non accumulare troppa velocità. D'un tratto, dopo un ultimo ruzzolare giù da un mini canyon, tra lo scampanìo festoso delle campane del paese, è benedetto asfalto, è pianura. E’ finita. Ultimo chilometro. Il mio primo e forse ultimo trail finisce. Che fatica ragazzi.
La posizione? 94esimo su 186 in classifica generale. Ventesimo, invece, su 41, della mia categoria (D45).


P.s Vorrei denunciare pubblicamente il comportamento antisportivo di Mika che, non paga di avermi superato di nuovo, mi ha rubato dalle mani un pezzo di pane con nutella prelevato al ristoro, approfittando subdolamente di un momento di distrazione.

venerdì 7 gennaio 2011

Father corre nel presepe (7ª Camminata dei presepi, Cavaglietto d'Agogna)

Campaccio? Non scherziamo, non ne sono degno e neppure saprei correrlo. Dunque si torna alla Camminata dei Presepi, a Cavaglietto. Dell’ edizione dell’anno scorso ricordo un gran freddo, neve e ghiaccio sui sentieri attraverso i campi (è una gara in gran parte su sterrato). D’altro canto si è lì per ammazzare l’inverno, o per esserne uccisi.
Quasi alle porte del  piccolo paese (419 residenti!)  dall’autoradio si liberano le note di “Gonna Fly Now” dal primo “Rocky”. Buon auspicio, per chi, come me, ritiene che nulla avvenga per caso. Poi, di seguito, “the house of the rising sun” degli Animals. Non male neppure questo: “rising” mi suggerisce l’idea di una crescita.
Il paesello accoglie ogni anno una sorprendente quantità di podisti che si cimentano nei 5 chilometri (e qualcosina) del tracciato. Di certo, è una gara ben organizzata, con iscrizioni veloci e ristoro adeguato quanto a varietà e quantità.
Breve riscaldamento, soliti timori sulla tenuta della schiena, ed è già ora di schierarsi sulla linea di partenza. Mi sistemo in posizione tale da scongiurare il rischio di “tappi": il tracciato è stretto e le persone tante, più dei residenti. E’ così corta, la gara, che mi posso permettere di spingere da subito: 4:13 il primo chilometro, 4:06 il secondo. Calzo scarpe nuove. Ammetto di essere fortunato nella scelta delle calzature: dapprime Nike Pegasus, buone poi Saucony Pro Grid  Jazz, ottime, ed ora il battesimo ufficiale di queste Mizuno Wave Fortis 3, eccellenti, portate a casa l’altro ieri ad un prezzo competitivo (78 euro).
E’ così corta, la gara, che posso permettermi di spingere da subito. E’ una velocità “percepita” in quanto dall’ amico-nemico Garmin oggi mi farò informare solo dei chilometri percorsi, e non del passo medio. Sto cercando di disintossicarmi dal bisogno costante di informazioni sul “come sto andando”.
Lieve flessione al terzo chilometro (4:23) e poi si torna a scendere, con l’ultimo a 4:09 (su tratto asfaltato). Mi rendo conto da subito che il risultato non è male: quest’anno trovo posto molto più avanti nella fila per la consegna dei cartellini.
Settantaquattresimo, a 4:13 di passo medio, contro i 4:31 dell’anno prima. Considerato lo sterrato, il risultato mi sorprende. Che sia davvero l’anno dei 4? Di sicuro oggi è il giorno dei...46
Saluti a tutti.