Mi presento sabato a Candelo (Biella) allo start della seconda edizione dell' Ysangarda Night Trail (gara serale non competitiva di diciannove chilometri) munito di una potente frontale acquistata solo la mattina prima, Avevo accarezzato l'idea di attrezzarmi con le tre piccole pile che già possedevo, ma immaginarmi come un piccolo albero di Natale semovente mi aveva fatto desistere.
Allo start il piccolo esercito di trailers si lascia alle spalle Candelo, e gli incitamenti gioiosi ed energici di Paolo Boggio, speaker ed organizzatore, per inerpicarsi dopo tre chilometri circa su una salitella ripida che ci porta sopra l'altopiano della Baraggia, sorta di savana in miniatura il cui fascino, vista la visibilità in veloce diminuzione, è di gran lunga ridotto. Accendo la frontale, apprezzandone il fascio potente: l'oscurità non potrà darmi problemi. Il sentiero è in gran parte occupato da fango, più o meno profondo e scivoloso. Cerco, come tutti, di poggiare il piede laddove il suolo appaia più asciutto e stabile, preferendo occasionali deviazioni nei prati adiacenti la traccia alle insidie fangose del sentiero principale, Non sempre è però possibile evitare la palta, da cui i piedi si liberano con suono di risucchio. In breve, tutto il mio mondo si racchiude entro lo spazio illuminato dalla mia e le altrui torce. Attraversiamo praterie, entriamo ed usciamo dal sottobosco dal morbido tappeto di foglie morte. Le gambe girano bene, me n'ero già accorto durante il riscaldamento. Zompo in maniera così libera e fluida da nutrire il segreto timore che pagherò, prima o poi, il dazio di tale sbruffonesca baldanza.
Nel finale le file dei partecipanti si sgranano e mi ritroverò a correre quasi solo nel bosco. Seguire la giusta via è comunque facile: la luce del mio faretto si riflette su strisce catarifrangenti sistemate in punti strategici. Qualora non bastasse, l'occasionale balugìnio della torcia di chi mi precede mi aiuta a capire la direzione. Inoltre sono presenti dei volontari nei punti con svolte importanti. Il ristoro del decimo chilometro è una sorta di isola di luce nell'oscurità sconfitta da potenti fari azionati da un generatore. Mi accoglie un volontario che velocemente mi illustra tutto ciò di cui posso cibarmi, come un premuroso anfitrione al cui uscio si presenti un viandante affamato e frettoloso. Bevo giusto un sorso di the caldo, e mi rifornisco di alcuni pezzi di cioccolata. Ringrazio e riparto. Non avverto la presenza di immediati inseguitori, ma voltatomi appena scorgo un serpente di luci che mi tallona. a poca distanza.
Seguo un ritmo regolare, nè troppo forte nè troppo lento.
Con il trascorrere dei chilometri le voci alle mie spalle si fanno sempre più fioche.
Negli ultimi due chilometri la temperatura si abbassa tanto che ho quasi l'impressione di star partecipando ad un'altra gara. Emano sbuffi vaporosi di fiato ed avverto un po' di freddo a mani e piedi. Nel frattempo incontro lungo la strada gruppetti di nordic walkers, che si fanno da parte appena avvertono il mio arrivo. Già noto in lontananza il campanile del paese quando un volontario mi indica una brusca svolta a destra, avvertendomi di stare attento, perché il fondo è ghiacciato. In effetti mi trovo a scendere rapido lungo un sentiero di ciottoli completamente imbiancato dal gelo. Le Speedcross della Salomon, che hanno dimostrato un buon grip nel fango, non deludono neppure ora; raggiungo il fondo della discesa senza neppure il minimo accenno di slittata. Mi aspetta in seguito un'ultima corta asperità di circa ottocento metri su asfalto che affronto a passo di formica, senza però smettere di correre.
Varco la soglia del Ricetto e del traguardo seguente dopo un'ora e trentasei minuti di fangosa sgroppata, soddisfatto, in generale, per le buone sensazioni vissute. ed il divertimento mai minato dalla stanchezza.
Rock'n' roll
La classifica.
Si parte! |
Un tratto piuttosto paludoso (foto da www.traildeiparchi.com) |