Nei trail adotto sempre espressioni particolarmente intelligenti. |
Lago Eco Trail La Canavesana: una gara competitiva valida
per il campionato regionale Uisp Trail 2013 e per l’assegnazione della maglia
di campione Uisp trail di categoria.
La temevo. Per la lunghezza del tracciato, di trenta
chilometri, da me mai percorsi in precedenza, e perché le previsioni meteorologiche
lasciavano poche speranze: pioggia, pioggia e ancora pioggia.
Fin quasi all’ultimo, ero stato tentato di iscrivermi al
concomitante trail della Bessa, di distanza minore, con il comune vantaggio di svolgersi
a poca distanza da casa. Alla fine però ha prevalso la voglia di mettermi in
gioco su una distanza importante.
Albiano (TO), domenica mattina.
Non piove, è già qualcosa. A
occhio, i presenti non sono tantissimi (alla fine, una novantina). Ritiro il
pacco gara, infilo la pettorina, mi avvicino alla partenza. Uno degli
organizzatori mi fa notare che, oltre a pettorina e chip serve anche il
cartellino cartaceo con nome e cognome, dopodiché inizia a fare l’appello. Ok,
probabilmente il mio è rimasto nella busta consegnatami all’atto dell’iscrizione,
e la busta è nell’auto parcheggiata a circa 800 metri e le chiavi le ha mia
madre che ho lasciato nei pressi. Comincio a cercarla. Vado avanti e indietro
dalla zona di partenza all’auto per svariate volte, sempre più nervoso, e
sempre più sudato. Dopo l’ennesimo ritorno e l’ennesima imprecazione la scorgo,
mi faccio dare le chiavi, corro all’auto, mi appiccico il benedetto cartellino
e mi precipito all’appello, per me la gara è come fosse già iniziata. C’era
ancora tempo comunque, le operazioni prima del via sono particolarmente
laboriose, tanto che si parte con un leggero ritardo.
S’inizia con un corto tratto in asfalto, fino a che s’imbocca
a destra un sentiero che taglia deciso attraverso i campi. Fango sì, ce n’è, ma
non pesante, e si evita facilmente. Arriviamo a Tina, e, dopo un single track
erboso, trascorsi venticinque minuti circa inizia la salita, l’unica di un
certo peso, verso il castello di Masino.
“Ciao Gianfra!” mi saluta un volontario addetto allo stop
del traffico e riconosco in lui, dopo un attimo di perplessità, un ex collega
assicuratore di almeno un migliaio di anni fa.
Alla salita ciottolosa si accede attraverso un cancello,
aperto per l’occasione. Seguo un gruppetto di quattro runner che vanno su a
passo simile. Dietro non so, non guardo per non perdere la concentrazione. Sono
pronto a essere superato in qualsiasi istante, so che la gara è ancora lunga e
che potrò eventualmente recuperare. La pendenza è costante, e la mia andatura
pure. Paradossalmente, è la fatica psicologica quella che si fa più sentire: ogni
tratto sembra identico a quello appena percorso. Dopo ogni tornante, anziché la
liberatoria pianura, si ripresenta un altro identico tornante e così via per un
tempo che mi sembra infinito. Quando comincio a credere di essere nel pieno di
un episodio di “Ai confini della realtà” scollino al castello di Masino ove è situato
il traguardo di una 10 km, partita in contemporanea. Dalle retrovie
sopraggiunge un runner. Scambiamo due battute sulla nostra posizione rispetto
al gruppo. Concordiamo sul fatto che davanti a noi non possono esserci più di trenta,
quaranta podisti. La strada ora è in leggera discesa, su sentiero largo e agevole.
Comincio a prendere velocità, si stacca. Raggiungo due podisti sempre in
leggera discesa, senza forzare.
Noto ora, davanti, un corridore che reputo piuttosto forte. Mai
in gara ero riuscito neppure ad avvicinarlo. Sapete com’è, quando succede una
cosa simile si pensa: dov'è il trucco? Sta raccogliendo le forze per poi partire
in quarta? Oppure c’è qualcosa che io non so riguardo al percorso, tipo una
salita particolarmente dura che ci aspetta al varco da qui a poco?
Neppure il tempo di formulare compiutamente il pensiero ed ecco
che il tracciato in breve si rizza a mò di muro. E’ come una scala, ma per
fortuna corta. Sento il fiato sul collo di tutti quelli che ho superato in
precedenza. Seguo il nervoso andamento del sentiero lungo il crinale di una
collina. Brevi salite, brevi discese. Il corridore mi tallona, così lo lascio
passare. Dopodiché non lo mollo. Gli sto dietro pensando che più tempo riuscirò
a resistergli, più sarà per me motivo di vanto futuro. In quel momento l’idea
di poterlo seminare non mi sfiora neppure.
Eppure lo vedo fermarsi bruscamente toccandosi la caviglia.
Una storta? Non c'è il tempo di chiederglielo, perché siamo in pieno
declivio e l’inerzia mi porta lontano. La discesa è infida, disseminata di pietre
e richiede attenzione. Nel frattempo, ecco un altro runner davanti a me. Si
ferma: scarpa slacciata. Lo supero. Mi raggiunge superandomi a sua volta.
A un posto di controllo un addetto, rivolto a lui, esclama “Trentaseiesimo!”
Grazie ad un impegnativo lavorìo mentale concludo di essere 37esimo.
Sono trascorsi 19 km. Ne mancano ancora undici. Ora la strada
finalmente spiana. Si tratta solo di tenere.
Il trentaseiesimo si affianca a un altro runner poco più
avanti. Probabilmente amici, o compagni di squadra. Li vedo parlottare.
I lacci del 36esimo fanno di nuovo le bizze, lo
costringono a fermarsi di nuovo.
Così, prendo il suo posto come 36esimo, e poi divengo
35esimo, dopo aver superato anche l’altro, in difficoltà.
Ora sono solo, e all’ultimo ristoro, quello dei 20 km, posto
sulle rive del lago di Viverone, mi fermo per un istante a buttar giù un po’ di
sali. Riparto prima che la sosta mi costi cara.
Mi piacerebbe recuperare altre posizioni ma i due che scorgo
a 500 metri hanno un ritmo analogo al mio, cosicché il divario rimane pressoché
costante.
Si giunge ad Azeglio, e con mio sommo sconcerto, tornati su
asfalto, si riprende a salire, fin su al castello. Non è neppure un chilometro,
ma la pendenza è severa. Si entra nel parco, e per scherzo mi rivolgo ad alcuni
spettatori chiedendo se debba fare prima il biglietto.
Ancora nessuna notizia di prossimi inseguitori, ma mi sento
come braccato. A una svolta particolarmente angolata, che mi permetterebbe di scorgere
un tratto della strada appena dietro, metto una mano a lato dell’occhio
sinistro per non vedere. Sarà che nei trail si torna un po’ bambini.
La discesa la faccio ovviamente a tutta, per quanto me lo
permettano le gambe affaticate.
Ormai manca poco, devo riuscire a tenere.
Raggiungiamo Albiano, su un tratto di percorso sterrato che
è lo stesso della “Correndo tra le vigne “ di un mese fa.
Lì raggiungo un altro concorrente
Occupo il suo posto come 34esimo.
Entriamo nell’abitato e, dall’alto, sono pronto alla
picchiata.
Un ragazzo, in compagnia di un bambino festante, posto sulla
discesa, m’incita urlandomi “Bravo, sei ventiduesimo!”
Quel “ventiduesimo” mi mette le ali ai piedi, visto
che per gran parte della gara avevo creduto di occupare posizioni più arretrate.
Sono quasi alla fine, sento già la voce dello speaker.
Brusca curva a destra, e poi giù per un prato.
Il prato diventa un campo coltivato.
No, non può essere.
Ma è.
Ho sbagliato strada.
E appena realizzo le gambe mi si afflosciano.
Che beffa.
Faccio dietrofront, il più velocemente possibile, con arti improvvisamente
di piombo. Con l’occhio della mente vedo sfilare un esercito di concorrenti, e
con il cuore in gola torno indietro fino al bivio che mi aveva tratto in inganno.
Imbocco la strada giusta. Maledetta!
Davanti a me, a duecento metri, l’ultimo runner superato, il
34.
Arranco verso di lui, nel cuore la speranza che nessun altro
lo abbia superato nel frattempo.
La discesa me lo fa raggiungere. Lo supero di nuovo.
No, nessun altro se non lui.
Ultimi 500 metri.
Ecco il traguardo.
Ventiduesimo su una novantina di partenti, ma quel che mi
rallegra di più è il settimo posto di categoria.
Un tiepido raggio di sole si fa strada, non so come, tra le
nuvole.
Una gran giornata.
Rock’n’roll.
10 commenti:
Come al solit e' un piacere leggerti...e' stato un po' come correre! Ancora complimenti per l'ottimo risultato!
Grazie Marco, è l'effetto che cerco di rendere ad ogni post. Spero anche che non risultino troppo autocelebrativi.
Bel post! Come essere lì!! Baci.
Lia
No, non sei autocelebrativo , racconti benissimo la gara , lo stato d'animo che si prova quando sai che stai facendo bene , quando pensi di avere buttato via la gara per un semplice errore di percorso...complimenti Father , vai forte!!
Leggendo il tuo post ho trepidato e scalpitato. Come se le mie gambe avessero qualcosa da dire, da raccontare anche loro a proposito di salite e discese. Insomma, correre nella natura è naturale, anche per l'uomo. E allargarsi sulla terra - per chilometri - aiuta a stringersi nei box della metrica lavorativa.
Bravo! Ci vediamo al trail della collina morenica di Rivoli, il 16/6?
@Corrado
Grazie, è stata una gara non solo di corsa, ma anche di emozioni.
@Mariano
Grazie,
correre nella natura è un pò come ritrovarsi. Penso di sì, di parteciparvi. Così finalmente avrò il piacere di conoscerti.
ottimo ;-) certo che sbagliare strada ritornare e riprendere il tipo davanti.. gran garone!!
@Pimpe
Quando ho capito di aver sbagliato sono stati minuti di terrore,Pimpe
:-)
Per fortuna la situazione si è raddrizzata!
da come hai scritto questo bellissimo post, si capisce che hai vissuto appieno questa esperienza trail e mistica. In queste gare stai andando alla grande, davvero complimenti, io non sarei mai riuscito a starti dietro oggi, anzi, quel giorno!! vai gianfraaaaaaa
@Mauri
Grazie!
E' un pò che non si riesce a correre assieme.
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